La prima neve è arrivata inaspettata. Addirittura alla fine di novembre, che per la Sicilia non è cosa da poco. Tecnicamente non siamo nemmeno in inverno ancora. Quando ho visto le previsioni quasi non ci credevo. Peppe mi aveva chiesto se volevo andare a dormire al rifugio e io ero incerto, ma quando ho visto che forse avrebbe nevicato mi sono convinto. Mi è sembrata un’occasione da non perdere, in parte per il cambiamento climatico, che rende la neve sempre meno comune, in parte per il COVID, che non ci dà certezza sul futuro. Durante molte delle nevicate della stagione scorsa eravamo obbligati a rimanere dentro i comuni di residenza.

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Lungo l’autostrada, abbiamo visto da subito che tutte le Madonie erano avvolte da grosse nubi scure. Sicuramente i panorami non sarebbero stati l’attrattiva di questa escursione. A Portella Colla, dove abbiamo lasciato la macchina, c’era vento freddo e un cielo di pietra. Le nuvole basse accarezzavano i rilievi tutto intorno. Il termometro della macchina segnava 4 gradi. Il tempo di incamminarmi e stavo già tremando a causa dello sbalzo di temperatura tra l’interno della macchina e l’esterno.

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La giornata al rifugio è passata tra piccole pulizie, una capatina a Valle della Giumenta per controllare il bivacco della Forestale, e il taglio di un po’ di legna per il camino. Fino a quando siamo andati a letto non era caduto nemmeno un fiocco di neve. C’era molto freddo. Nel rifugio abbiamo trovato i soliti 4 gradi. A sera la temperatura era salita fino a 11.

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L’indomani mi sono svegliato verso le sei e mezza. Nonostante il freddo, la sera prima avevamo lasciato le paratie metalliche della finestra principale aperte. Appena ho aperto gli occhi, ho subito notato che dalla finestra entrava una luce più bianca del solito. Tutto era coperto di neve. Quando sono uscito, ho avvertito sotto i piedi la tipica sensazione di affondamento e compattamento che si prova camminando sulla neve fresca. Ho udito il suono croccante dei miei passi, anch’esso così familiare. A occhio e croce erano caduti cinque centimetri di neve, più che sufficienti per trasformare completamente il paesaggio. Anche la temperatura si era abbassata rispetto al giorno prima. Il mio termometro digitale segnava -0,5 gradi.

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Dopo un’abbondante colazione ci siamo preparati per uscire. La nostra meta era Pizzo Antenna Piccola. Nelle due ore dal nostro risveglio, ogni tanto si era messo a nevicare, anche abbondantemente, per poi smettere all’improvviso.

Quando ci siamo incamminati non nevicava. Lungo il Sentiero Italia siamo passati dagli stessi luoghi che avevamo percorso il giorno prima per andare a Valle della Giumenta. Nell’arco di ventiquattro ore, il paesaggio si è trasformato da un miscuglio sgargiante di erba verde e foglie cadute color rame a un soffice manto bianco e grigio. Richiamare alla memoria i panorami visti il giorno precedente con di fronte agli occhi tutta quella neve era quasi straniante. Segno di come la natura possa cambiare radicalmente in pochissimo tempo.

Vedendo quel cambiamento drastico, mi è venuto in mente un passo di Montagne della mente di Robert Macfarlane:

In una pagina di Apes and Angels, J. B. Priestley cerca di esprimere il senso di novità e di esplorazione che la neve porta con sé: «La prima nevicata non è solo un grande evento; è un evento magico. Si va a dormire in un mondo e ci si sveglia in un mondo diverso, e se questa non è magia, dove altro volete cercarla?»

Nel bosco tutto sembrava fermo. Ho avuto la sensazione di un territorio svuotato che spesso avverto quando faccio escursioni in pieno inverno. Mancano tutte le foglie dagli alberi, ma anche gli animali sono meno presenti. Abbiamo visto pochi daini; probabilmente erano a ripararsi nel bosco a quote più basse. Un paio di volte ho visto uccellini che saltellavano tra gli alberi. Non so come facciano a trovare cibo con la neve che copre tutto. La loro presenza era allo stesso tempo tenera e disperata.

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Finché siamo rimasti lungo il Sentiero Italia eravamo protetti dalle tante collinette che circondano la zona. Quando abbiamo deviato dal sentiero per salire verso Pizzo Antenna Piccola, però, ci siamo ben presto trovati nel vento. Il tempo è peggiorato in poco tempo. Si è messo a nevicare, o forse a grandinare, o forse la neve che cadeva era ghiacciata. Le lenti dei miei occhiali si sono ricoperte di neve che, squagliando per il calore del mio respiro, si è trasformata in acqua. Vedevo tutto tra fitte gocce; come da una finestra bagnata di pioggia. Anche la visibilità era diminuita di molto.

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Quando siamo arrivati in cima al pizzo ci siamo guardati attorno. Il cielo era inesistente; ci trovavamo dentro una grande nuvola cupa. Il terreno era un misto di bianco, dove si posava la neve, e grigio scuro, dove spuntavano le rocce della montagna. Alcune di queste rocce erano state ricoperte di neve ghiacciata durante la notte. Il vento le aveva arabescate di tantissimi minuscoli ghiaccioli, impressi sulla pietra tutti in una direzione o in un’altra.

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Ridendo, ci siamo seduti per berci il tè caldo con i biscotti che ci eravamo portati. Nemmeno a farlo a posta, la nevicata e il vento sono iniziati ad aumentare. Saremo rimasti sì e no cinque minuti, il tempo di ricoprici di neve nelle pieghe dei vestisti, sui thermos e sulla scatola di biscotti. Abbiamo decretato che tutta la cosa era ridicola e ci siamo messi in cammino per il ritorno. Ormai c’era quasi una bufera. A rendere le cose peggiori, mentre all’andata avevamo il vento alle spalle, adesso ci camminavamo incontro. Le folate mi sbattevano i chicchi ghiacciati contro gli zigomi—l’unica parte che avevo scoperta, oltre agli occhi—con così tanta forza da farmi male. Per fortuna, quando abbiamo lasciato l’altopiano la situazione è migliorata notevolmente grazie alla copertura dei rilievi circostanti. Quando siamo arrivati al rifugio, comunque, eravamo lo stesso mezzi coperti di neve.

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Abbiamo finito di consumare tè e biscotti dentro il rifugio, guardando la neve che continuava a cadere copiosa. La macchina con cui eravamo venuti non era 4×4 e, sebbene avessimo le catene a bordo, non avevamo idea di quanta neve si stesse accumulando sulla strada. Non sapendo neppure se il servizio di spalaneve era già entrato in funzione per la stagione, abbiamo deciso a malincuore di chiudere tutto e tornare a casa. Erano solo le 13 e 30.