Oggi per la prima volta sono tornato a correre sul sentiero Rufuliata dopo l’incendio che ha colpito il versante nord-ovest di Monte Pellegrino il 5 ottobre scorso. Mille impegni e un’assenza da Palermo di due settimane mi avevano impedito fino a ora di ritornarci.

Sapevo che, con ogni probabilità, sarebbe stata un’esperienza negativa. Il giorno dell’incendio, le fiamme, partite dal sentiero Landolina alle falde del monte, sono risalite sul costone, fino ad arrivare nella zona della Rufuliata. Dal basso avevo assistito, impotente, all’ennesimo attentato alla natura che circonda la città, ma non potevo capire l’entità del danno. Oggi l’ho capito.

Una grossa fetta della pineta dentro cui si snoda la Rufuliata è seccata. Si tratta più o meno della parte a metà del sentiero, quella che si spinge più a nord, da dove è arrivato il fuoco.

Risalendo lungo i tornanti del sentiero, all’inizio ho visto solo le cime di qualche albero imbrunite, probabilmente dall’aria molto calda che arrivava dalle fiamme. Ho pensato, “Beh, se il danno è questo, tutto sommato il peggio è stato evitato.” Ma mi sbagliavo.

Continuando a salire, sono entrato in una parte del bosco dove quasi tutto è marrone.

Il contrasto rispetto a prima è sconcertante. I pini, così spesso bistrattati da chi ha un’idea della natura da manuale di scienze forestali, offrono a chi la natura effettivamente la vive degli scorci verdi bellissimi a due passi dal grigio della città (per non parlare dei benefici dei loro terpeni).

Non so quanti degli alberi che ho visto moriranno, direttamente a causa dell’incendio o indirettamente, nel corso del tempo, dopo essere stati pesantemente danneggiati dalle fiamme. Ci vogliono occhi più esperti dei miei per capirlo. Magari qualche dottore forestale si interesserà alla vicenda, oppure dirà, “Vabbè, tanto tutti i pini andrebbero abbattuti, perché non sono autoctoni.”

Eppure la Rufuliata e la sua pineta sono luoghi frequentati da moltissime persone che vanno a camminare a Monte Pellegrino. Non sarebbe errato chiamarli luoghi simbolo della riserva dal punto di vista della sua fruizione.

Come può chi incendia avere così poco rispetto per la natura? Io tremo all’idea che ormai ogni estate dovremo aspettarci altra devastazione. San Martino, Pizzo Manolfo, Barcarello. Adesso anche la Rufuliata. Per citare solo alcuni luoghi del palermitano.

Qualcuno disse che tutti i fenomeni umani hanno un inizio e una fine, quindi anche il problema degli incendi dolosi un giorno finirà. Non so però quando, e cosa resterà. So che, alla lunga, la natura continuerà il suo corso, magari in forme diverse, anche dopo che noi esseri umani ci saremo estinti. Ed è giusto così, perché non ce la meritiamo.