Oggi dopo quasi tre mesi di assenza sono tornato a correre a Monte Pellegrino. Ho fatto più o meno il solito giro, ma senza arrivare alle antenne; ho pensato che era meglio non strafare, visto che non correvo in montagna da un po’.

Tra i motivi della mia assenza c’è che diverse parti del mio tragitto sono state off-limits a causa dei lavori di disboscamento-rimboschimento che hanno interessato sia le falde del monte (dentro il Parco della Favorita) sia le zone alte.

Ho scritto delle mie perplessità su questi interventi in questo post.  Nei mesi scorsi ci sono stati alcuni incontri durante i quali i gestori della riserva (la sezione siciliana dei Rangers d’Italia) hanno spiegato i progetti in questione. Purtroppo l’ho sempre saputo dopo e non sono mai riuscito a partecipare. Peccato, sicuramente avrei imparato qualcosa.

I lavori adesso sembrano quasi finiti. Sono stati piantati centinaia di nuovi alberi—esili piantine legate a pezzi di canna, protette con delle retine di plastica verde.

Queste piantine sono un segno di speranza, non c’è dubbio. È bello pensare che un giorno potranno crescere, anche se in molti casi hanno preso il posto di alberi vivi. Per me questo resta un nonsenso.

Il punto è: quante ne sopravviveranno? Stiamo andando incontro ai lunghi mesi estivi, durante i quali non piove mai e le temperature sono altissime. Anche la primavera, già inoltrata, è ormai spesso secca. A causa del riscaldamento globale, piove sempre meno e “male”—lunghi periodi di secca si alternano a precipitazioni estreme che danneggiano la vegetazione. La vedo dura.

Mi chiedo se i progetti in questione, oltre al taglio di molti alberi e alla piantumazione di nuovi, abbiamo previsto finanziamenti per la loro cura nei primi anni di vita. Ne dubito, e anche questo sarebbe assurdo. È chiaro che nel 2023 non si può pensare di fare un progetto di rimboschimento che si conclude con la messa a dimora delle nuove piante. Queste vanno innaffiate regolarmente finché sono fuori pericolo.

Possiamo solo sperare che siano i Rangers a prendersene cura. Ma anche qui qualche dubbio mi viene. Magari ci saranno problemi di personale e risorse. Se così fosse, si potrebbe chiedere aiuto alla Forestale (utopico?), che soprattutto d’estate gira con dei mezzi antincendio che sarebbero molto adatti all’irrigazione (pick-up con piccoli idranti montati dietro).

L’ultima spiaggia sarebbe la società civile, ma in questo caso la buona volontà non basterebbe. Non si può pensare di andarsi a fare ogni tanto delle passeggiate con gli zainetti pieni di bottiglie d’acqua. Deve essere un lavoro sistematico.

I Rangers sembrano consapevoli di queste problematiche. Delle soluzioni non so parlare. Sul profilo FB della riserva di recente ho trovato questo post.

Speriamo bene.