Ultima visita alla natura – Monte Pellegrino a Palermo – prima di stare di nuovo rinchiusi nei pressi del proprio cemento come da DPCM anti-Covid. E finalmente un po’ d’inverno. La terra dei sentieri scura e satura di pioggia. Il verde dei trifogli più intenso e brillante. Il cielo un drappo basso, bianco, argento scuro, grigio e antracite. Il Grecale sostenuto. Una sana temperatura di 8 gradi.

Devo dire che nonostante tutte le volte che ci sono stato, Monte Pellegrino non mi annoia (quasi) mai. Resto sempre stupito del fatto che a Palermo si possa lasciare la giungla di palazzi e macchine parcheggiate sui marciapiedi per raggiungere un ambiente montano in pochi minuti. È una possibilità che rende speciale una città per molti versi invivibile (“speciale” in senso positivo, per una volta). Nelle altre città in cui ho vissuto questa cosa mi è sempre mancata.

L’accesso alla natura è fondamentale per la salute psicofisica di chi vive in contesti fortemente urbanizzati. Ormai ci sono molti studi che dimostrano questo legame, dalla riduzione dell’ansia all’effetto positivo sugli ormoni che regolano il sonno, dal miglioramento della creatività e della memoria al rafforzamento delle difese immunitarie e la riduzione della pressione arteriosa. Il giornalista Richard Louv ha coniato il termine “disturbo da deficit di natura” per descrivere gli effetti negativi che la mancanza di contatto con un ambiente naturale ha su di noi, soprattutto da piccoli. Louv parla della natura come di una medicina e sogna un futuro dove esseri umani e ambiente vivranno in sintonia. Chiama la città del futuro Zoopolis, un luogo dove non ci sarà differenza tra elementi urbani e naturali.

Chissà se questa pandemia, spingendoci a frequentare di più la natura che ci circonda, porterà a un cambiamento duraturo dei nostri stili di vita, o se una volta riaperti tutti i negozi, i bar, i locali e i centri commerciali, ce ne torneremo, vaccinati, a passare il nostro tempo tra pompe di calore e condizionatori. Forse dovremmo smetterla di parlare in maniera incondizionata di “tornare alla normalità”, perché la normalità era il problema.