Un ghiaione è un ammasso di pietre che costituisce un ripido pendio alla base di una parete rocciosa. Queste formazioni si creano in seguito alla disgregazione meccanica della roccia causata dagli agenti atmosferici, in particolar modo dai numerosi cicli di gelo e disgelo. Presenti su tutto l’arco alpino, secondo il Ministero dell’Ambiente i ghiaioni rappresentano zone di “elevato valore paesistico” (vedi qui >>>).

Sulle Madonie ce ne sono diversi, soprattutto alle falde del Monte Quacella. Sul lato ovest del massiccio di Pizzo Carbonara ne esiste uno che dall’altopiano carsico scende fino al bosco di Piano Zucchi, vicino ai resti dell’hotel La Montanina. Questo ghiaione risulta particolarmente notevole perché la sua base (la cosiddetta “falda dendritica”) è in parte ricoperta da bosco, mentre la parte alta (il “cono”) sembra costituire una via d’accesso al Carbonara diversa da quelle usuali, come Piano Battaglia e Piano Sempria (si potrebbe paragonarla a quella dal Vallone Trigna). E in effetti, nel volume sulla Sicilia della Guida dei Monti d’Italia (di Maurici e Manfrè Scuderi), questo ghiaione viene elencato tra le vie d’accesso al Carbonare con il nome di canalone Innominato (p. 88).

Il ghiaione che sovrasta Piano Zucchi (clicca sulle immagini e ruota il telefono per vederle in alta definizione)

Lo scorso fine settimana abbiamo quindi deciso di andare a fare un sopralluogo in questo punto.

La giornata era ventosa e piena di nuvole. Lasciata la macchina a Piano Zucchi, ci siamo addentrati in un suggestivo bosco dal fondo pietroso, in direzione della parete rocciosa. Tutta la zona era piena di daini, tra cui numerosi maschi in calore che emettevano il loro caratteristico bramito e lottavano scontrandosi con le corna.

Il fitto bosco che precede il ghiaione

Un esemplare di daino maschio

Quando il bosco ha iniziato a diradarsi, ci siamo trovati sulla falda del ghiaione vero e proprio.

Il percorso, sin da subito in salita, ha cominciato a farsi via via più ripido. Salendo, abbiamo potuto godere del panorama tutto intorno.

Piano Zucchi sulla sinistra. All’orizzonte Monte San Calogero e il golfo di Termini Imerese

Una volta raggiunto il cono dendritico, la pendenza è aumentata ancora, mentre la dimensione delle pietre ha cominciato a diminuire (nei ghiaioni, le pietre più grandi si raccolgono in basso per azione della gravità). Procedere è diventato sempre più difficile.

L’imbocco del cono dendritico

In alcuni punti la pendenza arrivava a circa 35°.

Dopo due ore e venti minuti di salita, avendo percorso circa due terzi del ghiaione, abbiamo deciso di tornare indietro. Abbiamo fatto un calcolo approssimativo del tempo che ci sarebbe servito per arrivare in cima e poi scendere, e abbiamo ritenuto che sarebbe calato il buio. Inoltre, come già detto le previsioni meteo non erano affatto buone.

Il punto più alto raggiunto, apparentemente vicino al termine della parete

Il panorama dal punto più alto raggiunto: in basso piano Zucchi, a sinistra Pizzo Antenna Piccola

Quando ci siamo rimessi in macchina, percorrendo la strada per Portella Colla abbiamo potuto verificare visivamente che il ghiaione in realtà non porta esattamente all’altopiano, ma finisce su una sorta di spalla, dalla quale è necessario procedere ancora in salita su un costone. La decisione di tornare indietro è stata quindi del tutto sensata.