Oggi sono andato a correre a Monte Pellegrino. Verso le cinque del pomeriggio mi sono trovato lungo la Costa Finocchiaro, un ampio declivio nella parte nord-orientale del monte. La zona è attraversata da una stradella forestale che segue da vicino il profilo della falesia, offrendo un bellissimo panorama sulla costa di levante.

Oggi la visibilità da quel punto era eccezionale. Nonostante nella parte alta del cielo fossero presenti delle velature bianche, lungo la costa l’aria era incredibilmente tersa. La stradella forestale attraversa una pineta di rimboschimento che rende il panorama visibile solo a tratti. In certe zone il bosco è meno fitto, spesso a causa degli incendi che lo hanno decimato. Così, a un certo punto mi sono apparse all’orizzonte le isole Eolie.

Inizialmente vedevo solo Alicudi e Filicudi come due grandi rocce in mezzo al mare. Poi, proseguendo la corsa, ho iniziato a vedere una terza isola. In realtà, probabilmente si trattava di Salina, Lipari e Vulcano che si sovrapponevano all’orizzonte. Vedere quelle masse scure apparire e scomparire tra gli alberi mi ha fatto provare una sensazione molto strana, come di una maggiore ampiezza, non solo dell’orizzonte ma anche della natura intorno a me.

La luce nella pineta proveniva dal sole che calava alle mie spalle, verso occidente. Era una luce dorata e calda. Passando in mezzo agli alberi, creava dei chiaroscuri bellissimi.

Dopo avere risalito la Costa Finocchiaro, ho raggiunto la zona della statua di Santa Rosalia. Da lì potevo vedere tutta la costa orientale e le montagne che la sovrastano. Per la seconda volta, sono rimasto stupito dalla visibilità e dalla qualità dell’aria. Le case e i terreni dei paesi di Ficarazzi e Bagheria brillavano alla luce del sole, delineate in ogni minimo dettaglio. Capo Zafferano sembrava quasi fragile nel suo stagliarsi sul blu intenso del mare. Sembrava di guadare un dipinto a olio.

I massicci montuosi apparivano anch’essi molto più reali del solito. Il gruppo di Monte Grifone e il Monte Catalfano, e dietro a loro la catena di Pizzo Cane e Pizzo Trigna. La grande sagoma di Monte San Calagero sopra il golfo di Termini Imerese, e subito appresso il massiccio largo e piatto di Pizzo Carbonara. La parete nord-ovest del Carbonara era visibile in tutti i suoi particolari: alla base il verde scuro dei boschi di leccio e faggio, poi a partire da una certa altezza, il bianco sporco della nuda roccia carsica, con tutte le sue imperfezioni. Con mio grandissimo stupore, riuscivo a distinguere benissimo anche il grande ghiaione che da Piano Zucchi sale sul pianoro. Tutto era avvolto nella luce dorata del sole di ponente.

Infine, spostando lo sguardo lungo la costa, ho individuato l’Etna. A quella distanza, il suo grande cono sembrava un rilievo come tutti gli altri, ma mi è bastato pensare a quanto fosse distante da Monte Pellegrino per capire, anche solo astrattamente, che guardavo una montagna alta più di 3000 metri.

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