Alla fine, sembra proprio che il telescopio dell’ESA (la European Space Agency) sulla Mùfara (accento sulla “u”) verrà costruito. Lo ha deciso addirittura il Consiglio dei Ministri, che ha inserito una norma specificamente a favore della grande opera nel recente decreto Asset e Investimenti.

Si tratta di una storia lunga, contorta e assurda, che mette in luce tutti i limiti della protezione della montagna nella società italiana contemporanea.

Il monte Mufara—per tutti, “la Mufara”—è un rilievo che sorge nel cuore del Parco Regionale delle Madonie, in Sicilia. I suoi fianchi sono ricoperti da un fitto bosco di faggi che arriva fino a 1800 metri d’altezza, una rarità per la zona, dove quasi tutti i monti sono stati disboscati secoli fa.

La Mufara, inoltre, si trova all’inizio delle creste del monte Quacella, un ambiente montano unico in Sicilia, ricco di pinnacoli, canaloni e ghiaioni, che ricorda vagamente le Dolomiti e fu descritto da Lojacono Pojero, il famoso naturalista dell’Ottocento, come le “Alpi di Sicilia.”

L’area fa parte della Zona Speciale di Conservazione ITA 020016 “Monte Quacella, Monte Cervi, Pizzo Carbonara, Monte Ferro, Pizzo Otiero” e della Zona di Protezione Speciale ITA 020050 “Parco delle Madonie.”

La Mufara al centro in lontananza, con le creste della Quacella sulla destra

Le creste della Quacella guardando a sud (la Mufara è alle spalle)

Per questi motivi, la cima della Mufara è classificata come zona A del parco, cioè quella con maggiori protezioni (inedificabilità assoluta). Nonostante ciò, nel 2019 fu annunciato che un telescopio chiamato FlyEye sarebbe stato costruito dall’ESA sulla sua ampia e tondeggiante sommità.

Incredibilmente, a quel tempo si stava già costruendo un altro telescopio sulla Mufara, il Wide-field Mufara Telescope (WMT), che fa capo al Centro Astronomico GAL Hassin di Isnello, un comune del comprensorio Madonita. Il WMT è stato completato nel 2020, nonostante i ricorsi di alcune organizzazioni ambientaliste. La Fondazione GAL Hassin è tra i maggiori sponsor del progetto dell’ESA.

Il FlyEye sarà quindi il secondo telescopio presente sulla Mufara. Questo progetto, molto più grande del WMT (costo stimato: 20 milioni di euro), è andato avanti in sordina fino al marzo del 2022, quando SOSVIMA ha indetto la conferenza di servizi per la costruzione della struttura.

È stato a questo punto che alcune associazioni ambientaliste, tra cui il CAI, Legambiente Sicilia, la LIPU e il WWF, hanno inviato una lettera a diversi enti per chiedere chiarimenti sul progetto.

I firmatari della lettera hanno chiesto che venisse garantito il rispetto delle procedure in materia di valutazione di incidenza ambientale, e hanno ricordato l’obbligo di pubblicazione del progetto per garantire trasparenza e partecipazione al procedimento. Inoltre, hanno fatto presente l’obbligo di acquisire preventivamente il parere del Comitato Regionale per la Protezione del Patrimonio Naturale (CRPPN).

In seguito a queste richieste, la conferenza di servizi è stata sospesa. L’Assessorato Regionale al Territorio e all’Ambiente ha scritto a SOSVIMA e all’Ente Parco delle Madonie per ottenerne il rinvio, sollecitato dal CRPPN e dal sindaco di Petralia Sottana, il comune nel cui territorio ricadrebbe il nuovo telescopio. SOSVIMA si è poi impegnata a pubblicare il progetto per 30 giorni per raccogliere eventuali osservazioni.

Visto che sia l’Ente Parco che SOSVIMA, così come il sindaco di Isnello e il presidente della Fondazione GAL Hassin, erano già apertamente a favore del progetto, le associazioni ambientaliste hanno deciso di organizzare una marcia in difesa della Mufara per il 23 aprile 2022.

Presentando la manifestazione, Mario Vaccarella, membro del CAI di Petralia e delegato per l’ambiente del CAI nazionale, ha dichiarato:

In considerazione che solo gli addetti ai lavori e gli enti interessati conoscono gli elaborati progettuali, gli organi preposti e i comuni (se hanno rispetto per i propri cittadini) rendano pubblico il progetto e relativi elaborati, per la dovuta trasparenza e come prevede la legge, affinché i cittadini si rendano conto dello scempio che tale progetto può creare nella zona più integra di monte Mufara, nella parte di accesso alla cresta di Monte Quacella e alle sue Dolomie.

Nelle settimane precedenti la manifestazione, alcune scritte contro il telescopio sono comparse nel parco, creando notevoli polemiche e portando, di fatto, tutta la questione all’attenzione pubblica.

Le istituzioni hanno parlato di “vandalismo” e di gesto che “chiude le porte al confronto democratico.” A dire il vero, alcuni di questi messaggi sono stati scritti su cartelli resi ormai illeggibili dal sole, ma l’Ente Parco ha preferito fare delle dichiarazioni esagerate anziché spiegare perché la sua cartellonistica fosse ridotta così.

Per quanto riguarda il tanto esaltato “confronto democratico,” prima che le organizzazioni ambientaliste chiedessero lumi sul progetto, l’apertura verso pubblico non interessava a nessuno.

Dopo il successo della manifestazione, l’Ente Parco ha organizzato un incontro pubblico (il 10 maggio 2022) con i tecnici che hanno redatto il progetto per il nuovo telescopio, continuando a dichiararsi apertamente a favore della sua costruzione.

Alla fine di questo capitolo della storia, i tecnici del parco hanno espresso parere positivo sul progetto, affermando che la sua realizzazione poteva avvenire nel pieno rispetto dei vincoli ambientali dell’area protetta.

Il secondo capitolo di questa storia è cominciato a marzo del 2023, quando l’ESA ha inviato una lettera a SOSVIMA dicendo che la Sicilia aveva fino al 12 maggio per approvare definitivamente la costruzione del suo telescopio.

In questo caso, il ritardo è stato causato dalla necessità di inserire una norma specifica nel bilancio della Regione Sicilia a favore di progetti scientifici di interesse nazionale e internazionale. Questa norma è diventata l’articolo 38 della legge di stabilità regionale (lr 2 del 2023).

L’articolo stabilisce che “in tutto il territorio del Parco sono consentite opere finalizzate alla ricerca scientifica proposte da agenzie nazionali e dichiarate di interesse strategico dalla Giunta regionale, in deroga alle disposizioni di vincolo previste dallo statuto del Parco.”

In questa fase, la pressione dei sindaci madoniti per la realizzazione dell’opera è stata notevole, così come quella dei politici della Regione, incluso l’assessore al territorio e all’ambiente, che ha fatto votare una delibera alla giunta regionale per dichiarare il FlyEye “opera strategica.”

La risposta delle organizzazioni ambientaliste non si è fatta attendere. In una nota, CAI, GRE, Italia Nostra, Legambiente, LIPU, Rangers d’Italia – Sicilia e WWF hanno dichiarato quanto segue:

[Il telescopio ricadrebbe] non solo in piena zona A di tutela integrale del Parco delle Madonie, ma addirittura in area boscata e nelle fasce di tutela esterna a inedificabilità assoluta come recentemente ribadito dalla Corte Costituzionale che con la sentenza n. 135 del 26 aprile 2022 ha dichiarato illegittime le norme regionali con cui si volevano cancellare i vincoli di tutela sulle aree boscate.

Tutto questo non viene raccontato così come non si dice che a seguito della citata sentenza della Corte Costituzionale 135/2022, la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo, con provvedimento prot. 0015350 del 9 agosto 2022 (reso noto a ottobre del 2022) ha rilasciato, correttamente e inevitabilmente, parere negativo sulla realizzabilità dell’opera nel sito prescelto sulla Mufara.

Tra l’altro l’opera sul piano giuridico è tutt’altro che strategica tanto che il progetto è stato presentato non secondo le procedure delle opere pubbliche dichiarate di interesse nazionale, ma allo Sportello Unico Attività Produttive dei comuni delle Madonie, gestito da un’altra società privata, la SOSVIMA, come un qualunque piccolo esercizio commerciale.

[L’Ente Parco non ha autorizzato l’opera,] ha solo rilasciato un parere preliminare per gli aspetti connessi alla valutazione di incidenza, mentre non ha rilasciato il nulla osta definitivo alla realizzazione dell’opera, preliminare al permesso di costruire di competenza esclusiva del Comune di Petralia Sottana. E non comprendiamo come il nulla osta e il permesso di costruire possano essere rilasciati ai sensi delle norme vigenti in un’area dichiarata a inedificabilità assoluta per legge e sentenza della Corte Costituzionale.

Tanto è irrealizzabile il progetto di cui si discute, che per cercare di aggirare i vincoli di legge gravanti sulla sommità della Mufara, invece di cercare soluzioni alternative sul piano progettuale, nella recente legge regionale di stabilità n. 2 del 22 febbraio 2023 è stato inserito l’articolo 38, inattuabile e non pertinente, perché fa riferimento a deroghe allo statuto del parco, che riguarda l’organizzazione degli uffici, gli organi e relative attribuzioni, e non la disciplina ambientale, ed è comunque in violazione della giurisprudenza costituzionale. Disconoscendo incredibilmente un’altra sentenza della Corte Costituzionale, la n. 172 del 5 giugno 2018, che ha dichiarato incostituzionale il tentativo proprio per la Sicilia di derogare con legge regionale ai vincoli e di fatto sottrarre dalla tutela paesaggistica le opere dichiarate di interesse pubblico dalla Giunta Regionale.

Ad aprile, il Consiglio dei Ministri ha impugnato l’articolo 38 della legge regionale di stabilità, mentre a luglio, l’Assessorato Territorio e Ambiente ha dovuto ammettere che l’area individuata dall’ESA è sottoposta a inedificabilità assoluta in base a leggi nazionali, cui la regione non può derogare.

Nonostante ciò, l’assessore all’ambiente, Elena Pagana, ha dichiarato che “il governo regionale sta lavorando con i ministeri competenti da mesi. […] Essendo una competenza nazionale, su richiesta della Regione, i ministeri hanno già avviato tavoli tecnici per superare i vincoli esistenti, posti dallo Stato.”

Arriviamo così all’ultimo capitolo di questa triste saga, e cioè il riconoscimento del FlyEye come asset strategico da parte del Consiglio dei Ministri. In base a ciò, la struttura non può essere sottoposta ad alcun vincolo.

L’assessore Pagana si è detta orgogliosa del risultato raggiunto, ringraziando in particolare il Ministro delle Imprese e del Made in Italy. “L’opera quindi è salva e potrà essere portata a termine in deroga ai vincoli di natura paesaggistica e ambientale,” ha dichiarato Pagana.

Anche quest’ultimo passaggio è stato denunciato dal CAI, che ha fatto notare come “tutti gli attori in gioco non hanno tenuto nella giusta considerazione i vincoli sull’area, manifestando chiaramente una forzatura sulle procedure, non possibile con la normativa attuale.”

* * *

Cosa dimostra questa lunga e complessa storia? Che la protezione della natura, soprattutto del paesaggio montano, è ancora minoritaria nel nostro paese, che ancora troppe persone possiedono idee sbagliate di cosa vuol dire “sviluppo” e “scienza,” e che questo si riflette nella nostra classe politica, dal livello locale a quello nazionale.

A ogni passo, questa storia è diventata più incredibile.

All’inizio, se non fosse stato per l’intervento delle organizzazioni ambientaliste, la conferenza di servizi per la costruzione del FlyEye sarebbe andata avanti, sostanzialmente, sulla base di un accordo preso dietro le quinte dall’ESA, la Fondazione GAL Hassin, SOSVIMA e l’Ente Parco. C’è da chiedersi se i lavori sarebbero addirittura iniziati con queste premesse.

Una volta portato allo scoperto questo accordo, i suoi promotori hanno insistito che l’opera fosse realizzabile prima che le autorità competenti si fossero espresse sulla questione. Nel caso dell’Ente Parco, si è andati incontro a un evidente conflitto d’interessi.

Il presidente del parco dell’epoca si è detto a favore della costruzione della struttura fin dall’inizio, da prima che l’ente da lui presieduto svolgesse la valutazione di incidenza ambientale.

La stessa valutazione si è poi concentrata su aspetti del tutto parziali (l’impianto di condizionamento, la strada di accesso), che davano sostanzialmente per scontata la realizzazione dell’opera, senza minimamente considerare l’impatto di una palazzina alta 13 metri, con annesso piazzale di 360 metri quadri, sul paesaggio montano della Mufara.

Secondo la relazione, “la costruzione dell’osservatorio astronomico non determinerà incidenza significativa, ovvero non pregiudicherà il mantenimento dell’integrità dei siti Natura 2000.” Ma è ovvio che l’osservatorio non pregiudicherà tutto il parco. Se il quesito della valutazione di incidenza ambientale era questo, non c’era bisogno di farla; l’esito era scontato. L’osservatorio avrà un impatto negativo irreversibile sulla Mufara.

Il rendering del telescopio FlyEye fornito dall’ESA

Il telescopio e il suo edificio nel rendering dell’ESA

Dopo quasi un anno e tante accuse di ostruzionismo nei confronti degli ambientalisti, si è scoperto che alla Regione sapevano benissimo che era necessario cambiare le leggi per autorizzare l’opera.

Questa forzatura è forse l’aspetto più grave e triste di tutta la vicenda. Anziché fare valere le norme di tutela del paesaggio, si è cercato in ogni modo di aggirarle e scavalcarle. Ci si è arrampicati sugli specchi fino a scomodare il governo centrale per derogare alle leggi nazionali in materia di protezione della natura. Addirittura, l’assessore all’ambiente ha lavorato per aggirare la salvaguardia dell’ambiente, dichiarandosi orgogliosa del risultato ottenuto.

Le istituzioni che, in teoria, avrebbero dovuto proteggere la Mufara hanno operato sin da subito a favore della costruzione del FlyEye, adducendo motivazioni (“sviluppo,” “prestigio,” “occasione di lavoro”) che nulla hanno a che fare con la salvaguardia della natura.

Chi è a favore della costruzione del secondo telescopio sulla Mufara porta due argomenti a supporto della sua posizione. Il primo è quello delle “ricadute sui territori.” Questa espressione è così vaga da essere degna del miglior politichese.

Quali sarebbero le ricadute sui territori di un nuovo telescopio? Quali i vantaggi che il territorio madonita non può permettersi di perdere?

Se è ipotizzabile qualche pernottamento e pranzo in più al Rifugio Marini di Piano Battaglia da parte degli scienziati che visiteranno ogni tanto il sito, è difficile sostenere che la presenza del telescopio avrà ricadute economiche significative sulle Madonie.

Il telescopio che è stato installato sulla Mufara nel 2020 (il WMT) non ha impedito alla Fondazione GAL Hassin di finire sul lastrico. Qualcosa non torna. Alla fine, come spesso accade in Sicilia, sono necessari soldi pubblici per andare avanti.

C’è poi chi sostiene che l’osservatorio porterà un “indotto milionario” grazie al turismo incentrato sulle stelle. Questo tipo di turismo prevede siti di osservazione preferenziale, parchi astronomici (come quello del GAL Hassin, che però i soldi li riceve anziché produrli), e percorsi per l’osservazione delle stelle (a piedi o a cavallo). Peccato che tutte queste cose si potrebbero realizzare anche senza il FlyEye.

Il secondo argomento portato a supporto della costruzione del nuovo complesso riguarda la ricerca scientifica. “Il progetto è di altissimo livello, quindi va approvato.” “Il nuovo telescopio servirà a studiare gli asteroidi.” Secondo alcuni, addirittura “ci proteggerà dagli asteroidi.”

Al di là di queste parole un po’ retoriche – nessuno può sostenere che oggi siamo in grado di proteggerci dagli asteroidi – sembra che solo chi è a favore dell’opera sia dalla parte della scienza. Non è così.

Il punto è che esistono tanti tipi di scienze, e certe volte anche la scienza ha effetti negativi. Un nuovo osservatorio astronomico non è quindi automaticamente una cosa giusta. Ogni caso va valutato empiricamente, senza ricorrere a scorciatoie ideologiche del tipo “civiltà contro oscurantismo.”

L’astronomia guarda il cielo. C’è chi preferisce guardare la Terra, perché abitiamo su questo pianeta. Le scienze della terra ci dicono che il pianeta muore, e noi vogliamo fare qualcosa per impedirlo. Lo facciamo anche proteggendo la Mufara.

Proteggere i paesaggi montani dalle costruzioni artificiali è importante. La montagna è uno degli ultimi luoghi che offre ambienti incontaminati, dove chiunque ne senta il bisogno può sperimentare i grandi spazi, i silenzi e i ritmi della natura. Il valore del paesaggio integro – libero da strutture in cemento, acciaio e plastica – risiede proprio in questa capacità di stimolare un rapporto sano tra l’essere umano e la natura.

Questo ce lo dice la scienza. Sono infatti ormai numerosi gli studi che dimostrano come andare in natura e in montagna faccia bene. Queste attività aiutano a sviluppare un rapporto sano con l’ambiente – la cosiddetta ecophilia. Questa “amicizia” per gli ecosistemi sta alla base della protezione del pianeta.

Noi diciamo “sì” a questa protezione. Chi sostiene che un altro telescopio sulla Mufara non farà danni, invece, dice “no.” L’ennesimo “no” alla conservazione del paesaggio.

Dove ci hanno portato tutti questi “no”? Basta accendere la televisione, andare su internet o sfogliare un giornale per accorgersene: caos climatico, sesta estinzione di massa, contaminazione irreversibile dei terreni, eccetera, eccetera. Anche questo ce lo dice la scienza – altro che ambientalisti stupidi e ignoranti, come ha scritto qualcuno.

Chi è a favore del nuovo complesso ricorda che anche il telescopio già esistente sulla Mufara, il WMT, fu contestato, e che i giudici alla fine lo approvarono sostenendo che le regole del parco consentono la costruzione di qualsiasi tipo di struttura di ricerca (non solo di quelle connesse alla tutela ambientale).

Nelle loro argomentazioni, i giudici affermarono che la ricerca scientifica svolge una funzione pubblica inerente ai valori della Costituzione. L’Articolo 9 della Carta, infatti, dice che “la Repubblica promuove … la ricerca scientifica e tecnica.”

In questo caso, la “funzione pubblica” della ricerca è intesa in un senso molto ampio. Bisogna però tenere presente che la ricerca scientifica è in realtà quasi sempre una cosa per soli addetti ai lavori. Il nuovo complesso astronomico sulla Mufara rischia di essere un luogo costruito a uso degli esperti che priverebbe la collettività di un bene comune – la cima del monte.

Inoltre, l’Articolo 9 della Costituzione dice anche che la Repubblica “tutela il paesaggio … della Nazione.” Non solo, nel febbraio del 2022 questo articolo è stato modificato per includere la tutela dell’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, “anche nell’interesse delle future generazioni.” Questa modifica ha una portata storica.

Di fronte a essa, dobbiamo chiederci: quanto durerà l’impatto del FlyEye sul paesaggio della Mufara? La risposta è: per sempre.